Cassazione: il custode non sempre risponde dei danni ex art. 2051 – Cassazione. civile Sez. III, Sentenza n. 23584 del 17/10/2013
Pubblicato giovedì 24 luglio 2014
Ancora una volta la Corte di Cassazione affronta l’argomento della responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 c.c con una pronuncia un po’ “atipica” e per alcuni versi non condivisibile, la sent. n. 23584 del 17/10/201.
Il caso è quello di una signora che, all’interno di un negozio, inciampa sul bordo di uno scivolo metallico, leggermente sopraelevato rispetto al pavimento, a causa del tacco della scarpa, impigliatosi nel bordo dello scivolo stesso, perde l’equilibrio e cade a terra provocandosi delle lesioni.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello rigettano la domanda di risarcimento danni avanzata dalla cliente del negozio, assumendo che nel caso di specie lo scivolo era visibile e ben distinto dal pavimento e che la caduta era da attribuire a disattenzione della cliente stessa, e pertanto ai sensi dell’ art. 2051 c.c., deve ritenersi interrotto il nesso eziologico tra cosa ed evento di danno.
La danneggiata propone ricorso per Cassazione, assumendo che l’art. 2051 c.c non conferisce rilievo al carattere insidioso della cosa, e pertanto è del tutto irrilevante che lo scivolo fosse visibile e dotato di corrimano, essendo sufficiente, per la configurazione della responsabilità del custode, il nesso causale tra cosa e danno.
Alla luce di tali principi, essendo circostanza non contestata che la cliente sia caduta per terra per essersi il tacco della scarpa impigliato nel bordo (leggermente sopraelevato) dello scivolo, è evidente che il suddetto manufatto, sia pure inidoneo per sua natura a produrre danni, si configuri come causa o concausa dell’evento danno: in pratica, secondo la ricorrente, il danno va correlato alla sopravvenuta anomalia della cosa (appunto la sopraelevazione) e non al comportamento della danneggiata, del tutto irrilevante ai fini di un’eventuale interruzione del nesso eziologico.
La Corte di Cassazione, però, non ritiene accoglibile tale argomentazione, per i seguenti motivi:
1) E’ vero che ‘art. 2051 c.c,, stabilendo che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, contempla un criterio di imputazione della responsabilità volto a sollecitare chi ha il potere di intervenire sulla cosa all’adozione di precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi.
2) E’ però altrettanto vero che al suddetto obbligo fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa, rapportata alle circostanze del caso concreto: una volta che il giudice accerti, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, che la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi “sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi integrato il caso fortuito”.
Nel caso in esame, la ricorrente, anche in considerazione sia della sopraelevazione dello scivolo sia dello spessore del tacco, avrebbe dovuto prestare una maggiore attenzione e cautela, con conseguente esonero di responsabilità a carico del custode.